[scena] Rafghji Hyukjw - ciò che non uccide... fortifica

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  1. jurgenson
     
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    Era la terza notte che trascorreva in quel modo.
    Il vento ululava incessantemente da ore, giungendo fino alla piccola grotta in cui si era riparato.
    Convogliato dalle pareti dei canyon, quell'urlo gelido l'aveva sfiancato, impedendogli di dormire la notte, opponendosi al suo cammino di giorno.
    Si avvicinò alla parete, rannicchiandosi ulteriormente cercando di trattenere il poco calore che ancora aveva in corpo.
    Era certo, una di quelle notti, forse quella stessa, sarebbe morto assiderato.
    Per qual motivo gli era successo tutto ciò? Perchè proprio a lui? Un momento prima si stava divertendo ,mezzo ubriaco in una locanda, un secondo dopo si ritrovava a lottare contro un misterioso assassino assoldato da chissà chi e chissà per quali ragioni.
    Non aveva idea di come venirne a capo. Si rassegnò, certamente non ci sarebbe riuscito quella notte, con quel vento come stimolante per la concentrazione. Probabilmente non l'avrebbe scoperto mai, non ci sarebbe stato un'opportunità... sarebbe morto prima, se per il freddo, la fame o qualche strano predatore, poco importava.
    Il calore era del tutto scomparso. Si alzò, barcollando fio all'entrata della grotta.
    Il vento gli sferzava la faccia sudicia arruffandogli i capelli, ma non glie ne importava. Ormai ben poche avevano un significato per lui. Il mondo ormai non lo riguardava più, era una cosa distante...apparteneva ai vivi.
    Cadde inginocchiato al suolo, lasciandosi andare a quella trsite certezza, il rumore del vento ridotto ad un piacevole bisbiglio.
    Stava per morire, ne era certo, eppure qualcosa gli diede la forza per resistere ancora un po'. Sollevò gli occhi verso quel meraviglioso cielo stellato che lo sovrastava, sentendosi minuscolo.
    Vide la luna, enorme e candida come le ali di un angelo. Era stupenda, pensò Rafghji. Quantomeno la sua ultima visione sarebbe stata piacevole, si consolò. Calò nuovamente lo sguardo sul tetro paesaggio che lo circondava. In tutta quella desolazione, nessuno avrebbe mai trovato il suo cadavere.
    Stava per cedere, quando casualmente lo sguardo sull'entrata di un'altra grotta distante qualche centinaia di metri da cui proveniva uno strano bagliore. Aveva un che di caldo, rassicurante e ... allegro.
    Probabilmente doveva averlo acceso qualche altro povero digraziato giunto anch'egli in quel luogo dimenticato da dio e dagli uomini. Era confortante sapere che non sarebbe stato l'unico a morire in quel luogo. .... Aspetta, se c'era qualcun'altro, magari poteva sopravvivere. Doveva solamente riuscire a raggiungerlo.
    Con enorme fatica, si trascinò all'aperto, il soffiare del vento simile a colpi di frusta, le gambe come colonne di marmo.Ciononostante, con enorme fatica, fece il primo passo. Lo sforzo lo lasciò quasi senza fiato, ma nn cedette, non poteva permetterselo proprio ora che la salvezza era così vicina.
    Fece un secondo passo, poi un terzo ed u quarto. Proseguì, convinto che forse, finalmente, quell'esilio dalla civiltà avrebbe avuto fine.
    Ormai si trovava a poco più di cinquanta metri dalla grotta quando una gigantesca ombra si staccò dal cielo avventandosi su di lui, ed il mondo divenne buio...

    Edited by jurgenson - 7/5/2014, 21:34
     
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  2. jurgenson
     
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    Dov'era? Cosa gli era successo?
    Si trovava in una piccola stanza scura, debolmente illuminata da poche torce tremolanti appese ai muri. I contorni sfocati di due figure nere si spiccavano dal chiaroscuro della parete. L'aria era pesante, malsana, come impregnata di qualche gas allucinogeno. Di colpo, si accorse che il soffitto sembrava cadere verso di lui. L'ansia ed il terrore presero a crescere dentro di lui, una sensazione di paura insensata ed, allo stesso tempo, terribilmente reale. La parete gli fu addosso e urlando terrorizzato, si svegliò.

    Era sdraiato contro un grosso masso, all'interno di un tunnel, dove questo si allargava formando una caverna larga una decina di metri.. Un allegro fuocherello posto al centro dello spiazzo proiettava ombre danzanti tutt'intorno.
    L'aria era fredda, sferzante, ma comunque un balsamo rispetto a quella asfissiante respirata poco prima.
    Chissà che razza di sogno era...
    Si guardò intorno: un piccolo goblin sedeva esattamente sul lato opposto della piccola “stanza”, un'altro stava all'entrata della caverna, una ventina di metri più in la.
    La piccola creatura verdastra di fronte a lui vestiva di pochi stracci ex-beige, mentre il suo compare era agghindato in modo decisamente più pittoresco.
    Indossava alcuni vestiti logori, ma sopra di essi teneva un mantello rosso brillante pieno di tasche. Al collo portava vari medaglioni scintillanti d'oro con incastonate varie pietre preziose. Con un braccio reggeva uno scettro con un grosso zaffiro come pomello.
    Il viso scavato dalle rughe era ricoperto da una cisposa barba bianca, bruciacchiata in alcuni punti.
    Una vecchia cicatrice gli attraversava il volto diagonalmente, da sinistra a destra passando per il naso.
    Non aveva mai visto un goblin con la barba... doveva essere molto vecchio. Lo scettro più probabilmente doveva essere un bastone dedusse.
    L'effetto finale gli conferiva lo faceva apparire come un personaggio davvero singolare, ma non per questo non degno di rispetto
    A confronto, il suo compagno sembrava un essere assolutamente privo di personalità.
    -Kome stai?- sentì dire con accento tagliente
    Per poco Rafghji sobbalzò per la sorpresa. Il goblin davanti a lui aveva parlato!
    Se fosse accaduto in città non si sarebbe affatto stupito del fatto, era cosa comune dialogare coi goblin, soprattutto per un izzet.
    Ma sentirsi parlare li, in mezzo al nulla, nelle terre selvagge dove si diceva vivessero solo esseri primitivi, incapaci di comunicare, era una cosa davvero impensata.
    -T-tu, tu parli!?-
    -Certo!Perkè sei kosì stu-pi-to?- rispose quello schioccando seccamente la lingua, le parole pronunciate così nette da confondersi con scoppiettare dei ciocchi nel fuoco davanti a lui.
    -Non sono l'uniko anke i miei fratttelli sanno par-la-re...- proseguì l'esserino in modo più incerto.
    -Vero Gnergh?- L'altro goblin grugnì di approvazione.
    -Non è un ti-po molto so-cie-vo-le. Imparerai ad ap-pre-zzarlo. Gli altri invece sono molto più socievoli- continuò - ma dimmi, kome sei ar-ri-va-to fin qui?-
    Superato lo shock iniziale, Rafghji incominciò ad accorgersi che il goblin gli stava parlando.
    Quando giunse alla fine del discorso, riflettè un attimo, poi decise che non erano pericolosi e raccontò quel che ricordava finchè tutto non diventava buio e confuso.
    -Ti abbiamo tro-va-to fuo-ri dalla ka-ver-na. Eri sveglio, ma era kome se fossi sve-nu-to. Guardavi nel vuo-to con okki neri, vakui. Ti abbiamo portato dentro e dato da bere dell'essenza di arrib. Poko dopo ti sei risvegliato.- terminò il suo interlocutore.
    Rafghji non aveva idea di cosa fosse l'arrib, non era nemmeno sicuro di aver capito giusto a causa della pronuncia del goblin, ma sicuramente doveva essere qualcosa di forte. Non aveva idea di cosa gli fosse successo, in quel periodo buio della sua memoria, ma doveva scoprirlo. Se fosse in qualche modo collegato col sogno, non sapeva dirlo.
    Senza alcun preavviso,Gnergh cominciò a parlare, la sua voce risuonava profonda lungo le pareti della caverna.
    -Anche noi veniamo dalla città.... un tempo, facevamo parte di una delle maggiori tribù dei gruul, eravamo forti, rispettati, temuti... Poi, un giorno, degli agenti degli azorius arrivarono nelle nostre terre, reclamandole come loro e dell'intera ravnica civilizzata. Provammo ad opporci, ma la nostra magia non poteva nulla contro la loro. La sera stessa, Borborygmos decretò l'attacco a Nuova Prahv. Io, ed altri membri della mia famiglia, provammo ad opporci, proponendo la va del dialogo per riottenere ciò che ci spettava, e ciò causò la sua ira. Fuggimmo...esiliati dalla nostra terra finchè non arrivammo qui... Da allora viviamo qui con quel poco che troviamo, lontano da tutti- e detto ciò tacque.
    Rafghji non aveva idea di cosa avesse ispirato il monologo del vecchio, ma si ritrovò come rapito dalla sua narrazione. A differenza del suo confamigliare, parlava in modo decisamente più comprensibile, anche se l'età lo costringeva a fare frequenti pause per riprendere fiato. La sua voce era incredibilmente roca, profonda, antica tanto da instillare rispetto anche in una testa calda come Rafghji.
    -Non conosco le tue intenzioni - riprese improvvisamente il vecchio, come se non avesse mai interrotto il suo discorso – ma se vorrai, saremo più che lieti di ospitarti qui con noi nella nostra umile dimora-
    Non c'erano molti modi per rispondere ad una così accorata richiesta e così Rafghji si limitò a rispondere :- Ne sarei onorato...-

    Edited by jurgenson - 7/5/2014, 21:35
     
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  3. jurgenson
     
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    Cominciò così la loro convivenza.
    Scoprì che il compare di Gnergh, Krik, non era altro che il maggiore dei suoi nipoti. Insieme a loro vivevano anche altri sette dei loro parenti verdognoli. O forse di più... era difficile distinguerli, non tutti avevano uno stile particolare come Gnergh...
    In breve imparò le loro abitudini e ruoli. Gnergh era uno sciamano, il più anziano di tutti loro e, in qualche modo, imparentato con ognuno. Gli altri erano per lo più cacciatori e raccoglitori.
    Durante il giorno esploravano le zone circostanti, cacciando i piccoli mammiferi che abitavano quelle alture. Ogni tanto, tornavano indietro anche con qualche tesoro. Per la maggior parte dei casi si trattava di pietre o metalli preziosi ma, in alcuni casi, erano anche antiche reliquie, libri con conoscenze arcane o artefatti magici.
    Era compito del vecchio patriarca occuparsi di questi. Trascorreva intere giornate leggendo quei grossi tomi polverosi, ormai mangiati dal tempo e dai ratti, o ispezionando quei manufatti cercando di capirne il funzionamento.
    Dopo un paio di escursioni, Rafghji giunse alla conclusione che la ricerca non faceva per lui. Era un'attività piuttosto noiosa, priva di colpi di scena. Spesso, si sentiva la mente annebbiata, ed il mondo pareva ondeggiare, quasi svanire davanti a lui. Era un'esperienza decisamente monotona e decise di abbandonarla. Molto meglio restare alla base in compagnia del vecchio Gnergh.
    Nonostante il carattere riservato e leggermente scorbutico, presto ci fece l'abitudine ed incominciò ad entrare in confidenza.
    Anche Gnergh, da prima poco incline a parlargli, cominciò lentamente ad apprezzare la sua compagnia e a condividere le sue conoscenze.
    Quel goblin era un pozzo di sapere.
    La sua padronanza della magia era impressionante, soprattutto per uno che di sortilegi non se ne era mai inteso.
    Presto incominciò ad assimilarne i rudimenti e, in meno di una settimana, imparò a manipolare il mana.


    Dopo circa un mese, era venuto il momento di testare le sue capacità, provando a lanciare la sua prima magia.
    Ad una dozzina i metri di distanza Gnergh lo fissava impassibile Avevano discusso a lungo insieme riguardo a che tipo di magia dovesse provare e la decisione non era stata semplice.
    Doveva trovare qualcosa che rispecchiasse il suo carattere, in modo da assecondare il suo impulso primitivo, e che allo stesso tempo non rischiasse di sopraffarlo.
    Alla fine avevano optato per la creazione di una sfera infuocata, visto il luogo in cui si trovavano.
    Il momento era giunto, dalla teoria, sarebbe finalmente passato alla pratica.
    Per prima cosa, doveva richiamare il mana dal suolo. Doveva attingere all'immensa energia che scorreva sotto i suoi piedi.
    Gnergh gli aveva spiegato che non doveva esagerare, provare a convogliarla tutta sarebbe stato come cercare di arginare un fiume in piena... un suicidio.
    Si concentrò, cercando quel flusso sotterraneo che gli era stato descritto. Improvvisamente lo percepì, un'immensa energia sotto di lui, un agitarsi furente di una forza primordiale simile ad una bestia ingabbiata. Ora capiva, se l'avesse lasciata fluire liberamente attraverso il suo corpo, certamente ne sarebbe stato distrutto.
    Si concentrò ancora, in cerca del mana di cui aveva bisogno.
    Gnergh gli aveva spiegato che il mana esisteva di cinque tipologie, ognuna specifica per un certo tipo di magia. Il mana tendeva ad essere più energico ed abbondante nei luoghi selvaggi, differenziandosi in base al luogo in cui si trovava. Tra le montagne, per esempio, era più forte il mana rosso, in grado di evocare fiamme e provocare effetti distruttivi.
    Una volta incanalato quel potere, avrebbe dovuto concentrarsi sull'idea che voleva realizzare, sull'effetto che avrebbe cercato di ottenere.
    Doveva farlo con rapidità e precisione, poi recidere il flusso, altrimenti avrebbe rischiato di restare ucciso. Esistevano anche delle formule magiche, delle brevi litannie in grado di modellare il mana, incrementando notevolmente le probabilità di riuscita della magia.
    Trovò quasi subito il flusso, e si aprì ad esso.
    Era immenso e, per un attimo, temette di esserne sopraffatto.
    Istintivamente chiuse il passaggio e la corrente si arrestò.
    Con calma, prudentemente, riprovò. Questa volta ne lasciò passare solo una piccola quantità, ma fu comunque sorprendente l'energia che possedeva.
    Era una sensazione strana, percepiva come un fiotto di vitalità provenire dal terreno ed incanalarsi lungo di lui attraverso i piedi, i polpacci.le gambe,il torso fino alle mani. L'adrenalina gli scorreva dentro come fuoco vivo.
    All'esterno un'alone purpureo risalì dal terreno fino ai palmi delle sue mani, dove si concentrò.
    In un istante l'energia prese forma ed una grossa palla di fuoco si concretizzò di fronte a lui.
    L'emozione per la riuscita, unita al calore insopportabile, tuttavia destabilizzarono l'animo di Rafghji e la sfera cominciò a tremolare quasi immediatamente.
    Dopo un paio di bagliori accecanti, la sfera esplose scagliando folgori di fronte a sé in un fragore assordante che scosse il terreno.
    Rafghji si ritrovò sbalzato al suolo dall'esplosione, coi capelli bruciacchiati e le vesti fumanti.
    Ora capiva perchè la barba del vecchio goblin era ridotta in quel modo. Guardò verso il suo mentore, cercando un qualsiasi segno di approvazione o biasimo
    Gnergh, impassibile, fissava il terreno annerito di fronte all'umano, guardandolo torvo.
    -Piantala di fissarmi in quel modo! Allora? Cosa ho sbagliato?- Disse Rafghji estenuato da quel silenzio.
    Dopo una lunga pausa, tanto che Rafghji pensò si fosse addormentato, Gnergh rispose – Hai superato il primo test, sei pronto per il prossimo passo... per oggi basta; domani ti insegnerò a controllare le magie una volta create-

    to be continued.....
     
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